Il Nobel per la letteratura Dario Fo portava in scena a Milano, il 13 febbraio 2011, un appassionante racconto dell’origine dell’uomo. Scritto per l’Evolution Day, il monologo del poliedrico artista segue il gioco del paradosso, fa traballare i nostri punti fermi fino ad arrivare a dire che Dio, oltre che nero, è donna.
Un approccio molto forte, che ha l’intento di scuotere le coscienze e aprire una parentesi, nel suo inconfondibile stile dissacrante e provocatorio, sulla teoria dell’Evoluzione della specie umana. Dario Fo utilizza la tecnica della lezione-spettacolo, un monologo concitato e disinvolto capace di mediare tra il linguaggio del teatro e quello della divulgazione scientifica.
A distanza di dieci anni dalla messa in scena a Milano, su iniziativa dell’Associazione “L’obiettivo” di Taranto, nei giorni scorsi due giovanissime attrici, Sara Martinucci e Nadia Simon, rispettivamente 18 e 17 anni non ancora compiuti, hanno proposto una loro versione del monologo, interpretando le voci di uno sprovveduto, un moderno Simplicio galileiano, e quella di un “soggetto informato sui fatti”; da questo dialogo scaturisce una sorta di “revisione” di alcune credenze considerate erronee dall’autore. La rappresentazione ha dato origine anche a un dibattito finale, dal quale è emerso sostanzialmente che le speranze sono riposte, ovviamente, proprio nei più giovani. Alla fine, quel che conta di questa rappresentazione teatrale è la presa di consapevolezza da parte di due ragazze che, di fatto, rappresentano il futuro immediato della nostra società.
In realtà, sono già il presente, e il loro impegno a riflettere, a porsi delle domande e a proporre delle soluzioni immediate non può che far ben sperare in un momento così delicato della storia dell’evoluzione. Così come proponeva l’autore, l’invito è quello a “fermarsi”, a capire bene da dove veniamo e dove stiamo andando, nella consapevolezza di quanto sia necessario cambiare qualcosa nello stile di vita della cosiddetta società “evoluta”.