Tre anni di attività per valorizzare il Parco Naturale Regionale “Terra delle Gravine”, il più grande della Puglia che si estende sul territorio di 13 comuni della Provincia di Taranto, da Ginosa fino a San Marzano passando anche da Martina Franca e Grottaglie, comprendendo anche il brindisino con Villa Castelli.
È il progetto “UPPark”, sostenuto da Fondazione con il Sud nell’ambito del Bando Ambiente 2015, che vede all’opera un ampio partenariato, tredici organizzazioni e istituzioni: la Provincia di Taranto, in qualità di organismo di gestione del Parco Naturale Regionale Terra delle Gravine, la Casa Circondariale di Taranto, lo IAMC-CNR, l’Ufficio Scolastico Provinciale, il Gruppo Speleologico Martinese, l’Associazione “Learning Cities”, il Club Unesco, il CNSAS Servizio Regionale pugliese, il Nucleo Volontario Protezione Civile di Palagiano, “La Mediana”, e la Federazione Speleologica Pugliese con capofila il WWF “Trulli e Gravine”.
Il Progetto “UPPark!” prevede, oltre all’esecuzione di diverse attività per valorizzare il Parco Naturale Regionale “Terra delle Gravine”, rendendolo pienamente fruibile ai cittadini, anche una serie di interventi per la prevenzione e la riduzione dei rischi ambientali nell’area del parco.
Inoltre intende anche preservare l’integrità dei questo straordinario ecosistema, un vero e proprio santuario della biodiversità, per le generazioni future.
Tra questi interventi è compresa la “’Azione A2: Valutazione Livello Rischio Inquinamento” che vede coinvolti il CNR – IAMC (Istituto Ambiente Marino Costiero) di Taranto e il WWF “Trulli e Gravine”; l’intervento prevede l’utilizzo di campioni di muschio Hypnum cupressiforme, dei quali in questi giorni gli operatori hanno completato la raccolta, per studiare il livello di contaminazione da inquinamento atmosferico.
Più in particolare, lo scopo principale dello studio proposto dal CNR IAMC di Taranto è quello di valutare, in una zona quale quella del Parco Terra delle Gravine, ad alto valore naturalistico, l’influenza delle aree industriali limitrofe mediante la valutazione delle ricadute al suolo per mezzo di “moss bags” (ricadute nell’arco di un anno).
Nelle fasi preliminari, è stata effettuata una attenta analisi del territorio a cui appartiene il Parco, al fine di individuare le possibili aree destinate alla raccolta dei campioni di muschio non contaminati da utilizzare come “bianco” e all’installazione dei moss bags per le attività di monitoraggio.
In seguito sono stati avviati i sopralluoghi tecnici, con il supporto del WWF Trulli e Gravine, durante i quali sono state valutate le specie di muschi più abbondanti (tra Hypnum cupressiforme e Pleurochaete squarrosa), le modalità di installazione dei moss bags e le modalità di impianto nei siti di campionamento scelti.
Sono stati prelevati dei tappetini di muschio Hypnum cupressiforme e trasportati in laboratorio in contenitori in HDPE. Il muschio sarà selezionato e preparato per poter essere sottoposto ad analisi finalizzata alla valutazione del livello di contaminazione.
Le fasi immediatamente successive consisteranno nella preparazione dei moss-bags e impianto nei siti di campionamento per avviare il monitoraggio dei contaminanti atmosferici.
La metodologia proposta, basata sull’alta capacità di accumulo di elementi metallici delle briofite, è stata introdotta da Goodman & Roberts (1971) e prevede l’esposizione di sacchetti di muschio (moss-bags), prelevato in zone considerate e accertate a bassa contaminazione e opportunamente trattato, per un periodo variabile da 4 a 9 settimane.
La specie utilizzata in questo studio sarà o l’Hypnum Cupressiforme; questo muschio è stato scelto per diversi motivi: è già stato utilizzato come organismo accumulatore in Italia (Cenci et al., 1994; Bargagli et al., 1994) e all’estero ed è quindi disponibile una vasta letteratura in merito; è molto comune in tutta l’area studiata ed è facile reperirlo sia nei boschi sia in zone abitate; ha una produttività annuale bassa, quindi in esso i metalli vengono concentrati, dato che devono distribuirsi in meno biomassa per unità di area (Cenci et al., 1998); in precedenti studi (Rasmussen e Johnsen, 1976) non ha dimostrato di assumere ioni metallici dal substrato; è piuttosto tollerante ai metalli pesanti (Tyler, 1989 e 1990) e forma densi tappeti che fungono da efficaci trappole per le particelle aerodisperse e per i metalli contenuti nelle acque piovane: è perciò adatto ad essere utilizzato come bioaccumulatore.