Al Sud si è più poveri; c’è meno lavoro, ma soprattutto, ci sono condizioni di vita e qualità delle relazioni sociali molto più basse. Qual è una possibile spiegazione di questo evidente insuccesso? Va attribuito a interventi sbagliati, a leggi fatte male e gestite peggio? Ci sono stati sprechi? La colpa è nella classe politica meridionale incapace e corrotta? O vogliamo scivolare su improbabili e patetiche motivazioni antropologiche che fanno dei meridionali dei cialtroni o dei ‘lazzaroni’? Sono spiegazioni che non convincono. E se invece ci chiedessimo con una riflessione più vasta, più ‘laica’, se l’impostazione culturale e politica sia stata sbagliata? Non è forse vero che è mancata la capacità di definire un progetto politico, una strategia di sviluppo complessiva? La tesi di queste pagine è che, dopo l’avvio della Cassa per il Mezzogiorno impegnata in una straordinaria opera di infrastrutturazione primaria che aveva carattere di vera e propria emergenza, vi sono stati molti soldi, molti tentativi di spallate e interventi ‘risolutivi’, molte innovazioni negli strumenti ma poche scelte politico-strategiche, tutte sostanzialmente sbagliate compresa quella, potente e affascinante, della grande industrializzazione di base.
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